IE contro Chrome: Google sta vincendo la battaglia?

Modernità o Status quo


La battaglia dei browsers sta avendo un chiaro vincitore, stando alle statistiche che potete trovare facilmente su StatCounter qui.

Chiunque abbia mai giocato, lavorato, smanettato o studiato HTML, CSS3 e compagnia bella, non può non aver maledetto la mediocrità di IE, almeno fino alla versione 9 compresa. La verità è che, però, è sempre stato necessario fare i conti con la E blu e così sarà ancora per un lungo periodo.

Prendiamo con le molle il risultato di queste statistiche, il metodo di reperimento dei valori dipende da troppi fattori. E’ altresì vero che se i dati non sono troppo attendibili sia all’inizio che alla fine, danno comunque un indicazione interessante sull’affezione degli utenti verso una o l’altra soluzione. Se prima IE era sinonimo di “andare su internet”, ora il trend sta, finalmente, cambiando.

Certamente il fatto che Windows sia stata obbligata ad inserire la scelta del browser può aver indebolito IE, ma la verità è che la maggior parte degli utenti di livello “basso”, ossia coloro che hanno poca familiarità con le dinamiche informatiche, utilizza normalmente IE e ignora l’esistenza di altri browser alternativi, più veloci e, cosa non da poco, decisamente più sicuri.

L’obbligo di usare un vecchio sistema

Chi come me lavora anche con la PA sa benissimo che vengono quotidianamente utilizzati browser come IE 6 e 7, che sono in parole povere un baco con delle toppe, e che la colpa non è solo degli utenti finali, come si può erroneamente pensare: provate voi a collegarvi ai principali siti governativi con Firefox o Safari, oppure ad effettuare operazioni bancarie con Google Chrome sui vari portali bancari.
Una semplice operazione da pochi secondi può trasformarsi in un’odissea di Denied Request, Page not found o Session Timeout.

La verità è che nessuno di noi tifa per qualche browser in particolare, la speranza comune è che la concorrenza porti tutti a sviluppare browser sempre più stabili, più sicuri e innovativi, magari con un occhio un po’ più dedicato alla leggerezza del pacchetto di installazione: vero Google?

Windows Phone: ora tocca a LinkedIn

Se anche voi siete su LinkedIn e avete uno Windows Phone, allora è il vostro momento.
Finalmente potremo usare la nostra fantastica MetroUI, con tutte le sue tiles, giocando sul nostro business social network preferito.

L’app risponde molto bene, è rapida e veloce, è la sensazione è che sia decisamente migliore da quella che ho sull’ iPhone. Certamente l’interfaccia Metro aiuta molto nell’appeal generale, ma le differenze non sono solamente grafiche.

Oltre a poter gestire come di consueto Connessioni, profili, news e gruppi, sulla app per WindowsPhone potrete anche contare su due tile aggiuntivi: Lavori e Aziende, voci completamente assenti dalle versione iOs e Android.

Eccovi il link per l’app sul Marketplace.

Allargando il discorso invece al Windows Phone OS, l’unico vero gap con Android e iOs è il multitasking: è vero che le risorse dedicate alla app attiva rimangono alte, ma è altresì vero che applicazioni come Skype sono completamente zoppe, non potendo contare sulla possibilità di avvisare l’utente di un messaggio o di una chiamata in arrivo.

Andando sul sito MSDN di Microsoft, troviamo questa dicitura:

To help ensure a fast and responsive user experience and to optimize power consumption on the device, Windows Phone allows only one application to run in the foreground at a time…

Effettivamente, essendo un possessore di un Nokia Lumia 800, la batteria viene già notevolmente vampirizzata, e la carica non è mai durata più di una giornata lavorativa, ma questo non può essere un limite preimposto.

Speriamo che Microsoft abbia voglia di cogliere dalla concorrenza quella che è la caratteristiche più utile in uno smartphone.

Facebook: Eduardo Saverin non sarà più americano

Il Co-fondatore di Facebook, Eduardo Saverin, ha rinunciato alla cittadinanza americana.
Il brasiliano, che fino al 2010 pare potesse contare sul 5% circa di Facebook ( c’è tutt’ora un accordo di riservatezza a proposito ndr ), aveva ottenuto la cittadinanza americana nel 1998 e vive a Singapore dal 2009.

Saverin ha venduto alcune quote di partecipazione di FB ed infatti non è elencato tra coloro che dispongono del 5% o più in fase di registrazione per la discesa in campo del Social Network sul listino IPO.

La scelta può essere vista come puramente fiscale, poichè gli Stati Uniti richiedono il pagamento delle tasse a prescindere da quale sia il tuo paese di residenza, è sufficiente che tu abbia la cittadinanza e riceva emolumenti da una ditta con sede, appunto, negli USA.

Il suo addetto stampa ha dichiarato che la scelta di rinunciare alla cittadinanza non ha nulla a che fare con il discorso Borsa-Facebook e che risalga, anzi, a molti mesi fa, avendo deciso di stabilirsi definitivamente a Singapore.

Certamente, se il film “The Social Network” racconta anche solo parzialmente la verità, chiunque farebbe a gara per incassare e fuggire da qualsiasi rapporto di lavoro / amicizia con Mr. Zuckerberg.